S. Jourdain.  -  Continuazione di Nova

 

Il Mondo Trasfigurato.

 

Ho diciotto anni. Il Risveglio brilla al centro di me da due anni.

Da un certo tempo, seguivo un filo, senza avere la minima idea che potesse portarmi  a quella disgregazione di ogni mia percezione, senza cercare nulla, veramente. Avevo scoperto una cosa singolare. Ogni volta che posavo lo sguardo su un gruppo di oggetti, o piuttosto, sul quadro formato da uno o  più oggetti, potevo, qualsiasi fosse il quadro, fare apparire in quello spettacolo materiale, un significato, o almeno qualcosa che mi faceva dire dentro di me: “Ma questo vuol dire qualcosa!”. Non sapevo molto bene cosa volessi dire con quello, ma la presenza di quella specie di sentimento era inalienabile, irrinunciabile; e sorgeva  sicuramente dagli oggetti guardati. Provavo intensamente il sentimento che, se lo volevo, potevo formulare quel senso, decifrare il testo, la storia che affiorava nel quadro… Come facevo per far affiorare quel significato? Isolavo visualmente una zona qualunque del luogo dove mi trovavo, mettevo mentalmente una cornice attorno a un frammento di paesaggio scelto arbitrariamente (come un lembo di copertura in zinco e come un comignolo… La cima di un albero che si appoggia sul bordo splendente di una nuvola…Un giornale stropicciato e la parte inferiore d’un armadio…, facevo un certo gesto interiore, producevo uno sguardo capace  di comprendere l’essere uno, che formava segretamente l’insieme,… e il significato era là!

 

Quella sera, mi trovavo nella camera rosa di una casa di vacanza, coricato, e stavo comprendendo qualcosa con quello sguardo. Ascoltavo uno dei centomila e improbabili quadri latenti nell’immagine della camera. E tutto a un tratto, ho sentito quello salire come uno spasmo in quel placido scenario che mi circondava!

 

Da un momento all’altro, era come se un qualcosa che avevo sugli occhi, o piuttosto nell’anima, si sciogliesse e ci si mette a vedere con un’intensità favolosa, a vedere come non lo si supponeva che fosse possibile vedere tutto questo che là, attorno a sé, funzionava senza che si sapesse, da sempre, e ciò senza il minimo sforzo, e con un solo raccolto, come si ammucchia un covone.

E fino a che quello non si spegne, fino a che, improvvisamente, non ti afferri la formidabile e misteriosa pesantezza della visione abituale, hai la pelle d’oca, l’occhio si spalanca, il viso si fa serio, il passo piccolissimo, in omaggio alla sconvolgente felicità che è là.

Ciò che mi interessa nelle cose, non è la loro bellezza, o la loro armonia, non me ne importa completamente; è che esse sono. Perché un giorno un certo clic è scattato, una certa vela si è spiegata, e mi è stato dato di avere la percezione effettiva della loro esistenza, e di scoprire così che una semplice cosa, per il fatto stesso di essere, ha un valore che il Bello e l’ Armonioso non sognano nemmeno di avere. Si, un valore tanto acuto, generatore col suo contatto di una felicità così intensa, così insperata, che dopo quello il Partenone stesso non è che paglia.

 

Allora cos’è quella trasfigurazione? Cosa succede nel mondo?

State, suppongo, passeggiando nel vostro quartiere…

Che avviene nella strada X?

Improvvisamente, il paesaggio familiare si spacca, cade come una scorza. Sotto c’ è una strada sconosciuta. Sotto c’è una città sconosciuta, in tutti i punti simili a quella che sta per scomparire, e nemmeno mai intravista. Mai neanche presentita dalla vostra sensibilità negli istanti più magici. Si, bisogna dirlo; mai nemmeno toccata da lei  nelle più fini illuminazioni infantili!

Nello stesso tempo che si manifesta quella soprannaturale freschezza dello sguardo, il sentimento della realtà delle cose cresce immensamente, diventa un tuono, quello del presente anche.

Rilevate centomila dettagli, imbracciate quella armata con un solo gesto dell’attenzione (come se qualcosa avesse forzato il metallo del tratto di attenzione abituale ad aprirsi, a dispiegarsi in tutte le direzioni).

La vostra visione dei colori è il teatro di un grande rovesciamento. Infatti, mi sembra che stiate per imparare il senso di  quella parola: colore.

E’ tutto? … Niente affatto.

 

Mi resta da ricordare un altro aspetto della rivoluzione che si opera nella vostra visione del mondo, un altro volto, forse più essenziale ancora, del vero mondo…

Nello stesso tempo in cui, per la prima volta, prendiate possesso della vostra visuale, apprendendo che l’immagine materiale del mondo è un infinito totalizzabile, o, se preferite, una totalità senza limite, cresce da quella specie di paesaggio assoluto, di sovrapaesaggio, una qualità totalmente sconosciuta dello stato di coscienza abituale, una famiglia di impressioni rigorosamente nuova, irriducibile a una  qualunque  esaltazione di quelle totalizzazioni spirituali  parziali che si chiamano: Fisionomie, Melodie, Atmosfera, ma che possono essere considerate al di là dell’ordine superiore di emozione, l’ultramelodico, l’ultrapoesia.

Ed ecco perché dai vostri occhi, in quell’istante preciso, dai vostri occhi che scoprono lo spettacolo triste di un vago terreno punteggiato di vecchie carte e di stracci, spuntano lacrime di felicità!

 

Aggiungerei, per finire, questo appunto: ogni spostamento del corpo, ogni rotazione della testa, porta, per una umanità elevata almeno, una modificazione del paesaggio contemplato. Nella visione abituale, quella modificazione è vissuta come un avvenimento che si produce all’interno dello stesso quadro. Nella visione risvegliata lo stesso cambiamento rinnova profondamente il quadro, che diventa un altro quadro.

Portatore, sicuramente, di quelle impressioni sopramelodiche.

Ponendo l’anima a contatto con un nuovo individuo della popolazione qualitativa squisita alla quale essa si è aperta.

Ed ecco perché l’apparizione nella vostra visuale di una sezione di  palizzata, di un pezzo di tetto in eternit e di un giovane abete rosso, determina, nel fondo di voi, l’esplosione di una nuova onda di felicità!