Daniel Odier

 

Nello spazio del corpo

 

3ème Millénarie .n. 79 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

 

 

3ème Mill: Come leggere un testo spirituale, un trattato o uno scritto della tradizione tantrica come ,per esempio, “il canto del fremito”, o “il tantra della conoscenza suprema”di cui hai già scritto un commento? Sono disponibili oggi in francese traduzioni più numerose, a volte inedite.

Questi testi, venti da tradizioni spirituali, lontani dai nostri modi di vita occidentali del 21esimo secolo, sono in generale abbondantemente commentati, ma non ci vorrebbe un’arte di leggere che ci permettesse di legarci di più a loro per rispondere meglio al loro destino?

D. O: L’approccio a un testo della tradizione è un momento cruciale, in cui abbiamo davanti il maestro che è l’autore del  testo e sentiamo direttamente la sua voce. La maggior parte dei testi del Kashmir sono scritti dai maestri, è una scelta importante che caratterizza l’approccio tantrico. Un testo prodotto con questo spirito è abitato dallo “spanda”, la vibrazione, il fremito del maestro e, se il lettore lo sente, allora conosce lo stato che era alla sorgente del testo. Ha come il compimento di una traiettoria circolare che va dallo spazio alla scrittura, dalla scrittura alla lettura e dalla lettura allo spazio. E’ tutta la meraviglia di quei grandi testi mistici:loro possono provocare il risveglio del lettore come può farlo il contatto con le poesie di Lalla o di Rumi.

E’ necessario, per sentire l’impatto di quei testi  imparare a leggere il proprio corpo, come si ascoltasse un musicista estatico. A volte quei testi soono cosi’ potenti che non è nemmeno necessario comprendere la lingua per sentirne l’effetto. Il mio primo maestro, Kalu Rimpochè lo sapeva cosi’ bene che mi diede l’insegnamento in tibetano, lingua che non conoscevo e, dopo qualche settimana, era chiaro per me che il suo insegnamento s’era scavato una via misteriosa attraverso il mio corpo.

 

3me.mill.: Il corpo ,di cui sperimentiamo poco la dimensione sottile, sembra portatore di una conoscenza spirituale abitualmente ignorata.  Pensieri, emozioni, sentimenti, sensazioni ecc. non hanno la loro sorgente nel cuore di quella dimensione che vorrei chiamare “transcorporale”?

D O: Il corpo non si limita all’aspetto corporeo che si può vedere  uno specchio, è una massa fluttuante e vibratoria illimitata che entra in contatto con tutte le altre masse fluttuanti in una danza senza fine. E’ quello che chiamiamo “spanda”, quella vibrazione sottile di ogni cosa che mette in evidenza, quando si sente, che tutto è coscienza minerale, vegetale, animale, umano. Quando il corpo è sentito sottilmente, ci mostra l’evidenza del legame di ogni cosa in un solo corpo cosmico illimitato inglobiamo la totalità; tutto accade in noi niente è separato.

Noi tocchiamo la coscienza sottile del corpo e l’esploriamo con la pratica di “Tandava”, una danza jogica lenta che fa emergere il corpo-coscienza e ci dà la sensibilità sottile necessaria   per accompagnare ogni sensazione corporea, ogni emozione, ogni pensiero dalla nascita alla sua estinzione. Resta allora ciò che chiamiamo il “corpo-spazio”che può attraversare tutto liberamente come le comete attraversano il cielo. Sperimentare il corpo-spazio è sperimentare l’infinito. Senza il corpo,siamo ridotti a pensare l’esperienza mistica ed è proprio l’attenzione al corpo sottile, cioè la sensazione sottile del corpo fisico, che ci permette d’entrare a pieno in unione con la totalità.

 

3me.mill.: La finalità dell’uomo non è ritrovare quello stato originale, adamitico, che l’uomo cerebrale ha perduto?

Non è quella di liberare l’uomo dagli “schemi corporei” limitati al corpo funzionale la cui ripetitività, poiché incosciente, passa dal desiderio e dalla paura alla noia? Non è scoprire la gioia di un corpo “trans-lucido”?

D.O.: Assolutamente, lo stato originale, lo spazio che si chiama  “lo stato di Shiva” o”la natura di Budda”, è la spazialità infinita. Un istante di spazialità ci porta più di tutta la cultura spirituale, i concetti, gli schemi mentali e corporei. E’ il ritorno alla sorgente per cui il è il vascello spaziale. Attraverso lui partiamo per un lungo viaggio, ma non per un viaggio lontano. Non facciamo che rallegrare il nostro cuore. In quell’istante di ritorno al sé c’è una chiara visione di quello che siamo: una dinamica senza confini e senza centro che abbraccia ogni cosa, una specie di placenta cosmica che non ha più l’illusione di essere un’entità separata. Diventiamo senza particolarità. Comprendiamo alla fine l’insegnamento, nel senso più profondo del termine e anche se la personalità nevrotica ritorna dopo l’istante spaziale, si può dire che ha perso la battaglia.

 

3me.mill.: La scoperta della spazialità infinita sembra oggi uscire dal segreto delle tradizioni spirituali, come se sempre più esseri umani fossero pronti allo sviluppo della propria interiorità al di fuori delle dottrine religiose. Ho l’impressione che da una parte gli integralismi religiosi tentino ancora di nascondere il libero risveglio al divino e che ,d’altra parte, il nichilismo ancora attuale rifletta inconsciamente l’energia straordinaria di quella vacuità non-mentale. Cosa pensi di questo?

D.O.: Krishnamurti diceva che l’unico obbiettivo delle religioni era impedire all’uomo di comunicare col divino. E’ vero che oggi viene a pochi ricercatori l’idea d’entrare in un rapporto stretto con il religioso che sembra una spessa barriera impenetrabile contro l’evidenza del reale: la presenza del divino, lo spazio, l’infinito in noi. Le religioni uccidono i mistici e stabiliscono un potere. Oggi i ricercatori non vogliono più il potere, vogliono guardare un mistico dritto negli occhi e il messaggio del mistico sarà sempre quello della semplice evidenza:tu sei quello che cerchi.

La domanda allora è: come realizzare quell’evidenza? Basterebbe realizzare che la nostra natura spaziale non ha bisogno di credenze, di sistemi, di certezza quando ci si libera da questi impedimenti, ciò che appare è lo spazio della nostra vera natura,spontaneamente libera, gioiosa e creativa. Lasciare che si manifesti è fare l’esperienza dello spazio silenzioso che irradia il mondo. Il nichilismo non è più di moda,peccato, perché quando ci si sbarazza di tutto, sorge la nostra natura spaziale e l’esperienza infinita ci penetra.