Asanga (IV sec. D.C.) 

Il riso del Budda

 

3èmillénarie n. 76 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

 

Nel trattato della “Grande virtù di saggezza” il Budda è messo in scena all’uscita dal “samadi re-dei samadi”, poi contempla il mondo con il suo “occhio divino”. Ride allora con tutto il suo corpo, dice, e “la luce di quel ridere illumina tutto il cosmo”

Il brano scelto è scelto da un trattato della scuola indiana Yogacara, il cui fondatore è Asanga, chiamato “il mistico senza attacco”, che visse nel IV secolo della nostra era. Questa scuola filosofica del buddismo primitivo, che ha contribuito a sviluppare l’idea del Tantra, insiste sulla coscienza nell’esperienza vissuta dallo Yoga.

 

Egli conosce la miseria degli esseri, sa che la corona della legge, derivata dalle cause e dalle condizioni, può esser raggiunta da tutti gli esseri, ma che questi, tuffati nelle tenebre dell’errore, non la cercano e non la cercheranno.

Ecco perché ride con tutto il suo corpo.

Tutti gli esseri di questo universo cercano la felicità, ma trovano sempre l’infelicità: il loro pensiero si attacca all’atman, ma in realtà non c’è atman. Gli esseri temono sempre l’infelicità, ma sono sempre infelici; sono come il cieco che, cercando il cammino agevole, se ne allontana e cade nel fosso. Dopo tutte queste considerazioni il Budda ride con tutto il suo corpo.

E’ per un motivo serio che ride con tutto il suo corpo. Qual è questo motivo? Il Budda predica la Perfezione della Saggezza e innumerevoli esseri continueranno la tradizione del Budda: ecco il serio motivo.

Alla fine il riso ha ogni sorta di causa; si ride di gioia o di rabbia o per timidezza; si ride al vedere cose strane o ridicole; si ride davanti alle usanze straniere o per difficoltà straordinarie. Qui, si tratta di una difficoltà assolutamente straordinaria.

I dharma sono non-nati, non-distrutti, assolutamente vuoti, impronunciabili, indicibili, inesprimibili; però bisogna dar loro un nome e applicar loro delle parole quando si parla agli esseri per condurli alla liberazione: è una difficoltà enorme. Immaginiamo un fuoco lungo cento “vojana”; un uomo che porta erbe secche entra in questo fuoco e lo attraversa senza lasciarne bruciare un solo pezzettino; sarebbe straordinario. Nello stesso modo è molto difficile per il Budda prendere le erbe secche, che sono gli ottantaquattromila capitoli della legge, ed entrare con esse nel vero senso dei dharma senza lasciarle bruciare dal fuoco dell’attaccamento ed attraversare quel fuoco dritto dritto senza fermarsi. Ecco perché il Budda ride, ed è a causa di queste difficoltà d’ogni genere che il Budda ride con tutto il suo corpo

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